Le 28 juillet 2016, Gian Luca Pasini publie « Un po’ di storia sui draghi » sur le site « Alpiniste et Montagne ».
Un joli rappel sur la querelle entre Messner et Barbier (« Sauvez le dragon ! ») et la riposte « fulminante » de Claudio Barbier.
Voici l’article :
Il titolo del post sulle imprese dei tre Ragni Della Bordella, De Zaiacomo e Schiera è ripreso da quanto scritto sul profilo del Gruppo lecchese: un augurio finale, dopo la descrizione di quel che si sa delle scalate fatte nella wilderness artica.
Non è un “augurio matto” né tantomeno è casuale. Si tratta di un richiamo storico importante, che è facile intuire opera di Fabio Palma, presidente del Ragni.
Perché il drago?
Per scoprirlo bisogna risalire al 1968.
In quell’anno uscì un articolo destinato a essere non soltanto molto discusso e conosciuto, ma anche a diventare il titolo di una svolta decisiva nella storia dell’alpinismo. Visto l’anno, si può ben parlare di “manifesto della contestazione”.
L’articolo si intitolava “Direttissima oder Mord am unmöglichen”, in italiano “L’assassinio dell’impossibile”. L’autore era Il 24enne Reinhold Messner. Che scriveva: “Il Drago è avvelenato… la mia preoccupazione è per il Drago morto… Deve succedere qualcosa prima che l’impossibile sia sepolto… Perciò salvate il Drago!”.
Il “Drago” era appunto l’impossibile. Che l’alpinismo della Direttissima stava uccidendo. Con i chiodi a pressione non c’era più parete o via impossibile. L’avventura moriva e si trasformava in “lavoro” o qualcosa di molto simile.
Nel suo articolo, Messner, che non aveva timori di alcun genere e diceva pane al pane facendo pure i nomi, indicava esempi di questo abuso di mezzi artificiali in voga in quegli anni. Come la Via degli Strapiombi, lungo la parete Est della Cima d’Ambiez (Gruppo del Brenta). L’avevano aperta, tutta in artificiale tranne la parte iniziale, Dietrich Hasse, Heinz Steinkötter e Claude Barbier.
Quest’ultimo, belga ma innamorato dell’Italia, era uno di coloro che si battevano per un utilizzo moderato dei chiodi e nelle sue famose imprese (decine di vie nuove in Dolomiti, anche in solitario) rifuggiva i chiodi a pressione. A quella scalata, finita sotto accusa nell’impietosa arringa di Messner, il povero Barbier aveva preso parte per caso e senza alcun entusiasmo, sempre in coda alla cordata. Fu duro per lui vedersi messo sotto accusa per ragioni che condivideva! Ma la sua risposta fu fulminante: il 26 settembre del 1969 con Almo Giambisi e Carlo Platter aprì in libera (cioè senza l’uso di chiodi per la progressione) sul Lagazuoi Nord (2809 m) la Via del Drago, 370 metri di sviluppo con difficoltà di gradi 5+ e 6.
Quindi, il Drago è vivo. Viva il Drago!
Nelle foto I giovani Reinhold Messner e Claude Barbier (nato nel 1938 in Belgio, morì nel 1977 durante un’esercitazione in palestra nelle Ardenne).